domenica 29 aprile 2007

CLOSER



Questo è un film che racconta le storie di quattro personaggi, due uomini e due donne, le cui vite si intrecciano, in modo molto casuale, e si sviluppano, in modo molto profondo. Incontri casuali questa è la centralità del film, è questo il modo in cui i personaggi, le loro scelte si mescolano, si intrecciano, si scontrano, si scansano e si ri-incontrano. Chi decide tutto è il destino, un destino che posa la sua mano, in modo molto più che visibile, sulle storie dei protagonisti. Destino che un po’ come un deus ex machina crea gli incontri, incrocia vite, scontra storie, ricrea incontri e come una spirale non fa altro che avvolgersi su se stesso lasciando dietro di sé miseria (storia tra J.Law e N. Portman) o vita (J.Roberts e C. Owen), sottoponendo le sue vittime a non pochi tiri incrociati. Si potrebbe dire che è beffardo, che si prende gioco dei suoi “figli” (perché in fondo noi per il destino siamo suoi figli, dobbiamo esserlo per forza altrimenti perché tutto il suo accanirsi verso qualcuno in particolare, perché il suo attaccamento e intromissione alle nostre vite.. non avrebbe senso) ma… Lo sguardo del regista non si posa sulle vicissitudini delle 2 coppie e dei loro perversi giochi di coppia, la sua intenzione è raccontare le due facce del destino, cercare di dare un volto a quell’invisibile che puntualmente ci accompagna e ci circonda, che crea distrugge e ricostruisce tutto a suo piacimento. Ma non è solo, il destino. L’uomo non è soltanto uno spettatore di questo “mostro invisibile”, l’uomo è parte attiva di questo gioco spaventoso. L’uomo è l’unico, forse, che ha un ruolo attivo, l’uomo può scegliere. Il destino crea incontri l’uomo può scegliere:
1) farsi trasportare dalla voce melodiosa e attraente di un futuro nuovo da costruire;
2) ignorare la seducente proposta del destino.
E’ in quella scelta che gli individui si mostrano per quello che realmente sono, la scelta di un attimo, manifesto del proprio animo: egoista. Ma anche la scelta tra una mancata verità e la verità si piega all’incredibile egoismo con cui gli uomini si buttano in storie improbabili, e non ha importanza se il partner è assolutamente “immollabile” o “indipendente”, perchè l’unico motivo d’essere della relazione è il soddisfacimento dei sensi, la coppia, perso il periodo di corteggiamento e di passione, cade nella monotonia della vita comune e familiaristica, e l’unico rimedio è il tradimento, inteso solo come una nuova passione. E questo è il secondo motivo di questo film. Le storie dei personaggi sono crocevia di incontri, unioni, separazioni condite da momenti di estrema sincerità ed altri di grave menzogna (una su tutte la vera identità di Alice svelata soltanto alla fine), ma infondo non c’è alcuna differenza tra chi nasconde una verità troppo pericolosa ed impertinente e chi con disarmante e agghiacciante freddezza spiattella la verità per amore (?).
Quello di Nichols è la trasposizione fedele sul grande schermo di una sceneggiatura teatrale, e le scelte di regia sono profondamente viziate e vincolate da quel genere di scrittura, forse per non stravolgere troppo l’idea stessa del testo originale, o forse vera e propria scelta cinematografica. I richiami alla piece teatrali originale sono innumerevoli: dialoghi tra due personaggi alla volta (i quattro personaggi non si incontrano mai, pur avendone la possibilità ad esempio durante la mostra fotografica); dialoghi intensissimi accompagnati visivamente da primi e primissimi piani su faccia ed occhi a sottolineare l’intensità dei momenti vissuti;
il tradimento, idea sempre presente in scena, mai consumato realmente, che si traduce cinematograficamente con la scelta di non mostrare mai l’avvenimento, ma solo le sue conseguenze. A guardar bene questo film sembra quasi che gli unici momenti che, delle storie d’amore, si raccontano siano il loro inizio e la fine: il primo incontro preludio di un’intensa e passionale storia di sesso e la fine della storia tragica e volta alla distruzione; come se l’intermezzo fosse soltanto una lenta ed inesorabile discesa verso l’oblio della passione.
Nichols fa passare l’idea che gli unici elementi dell’amore sono l’eros e il tradimento, e ciò che più sconvolge è l’indulgente consapevolezza di fronte all’involuzione dell’amore. Il film è tutto meno che sentimentale: si può definirlo ironico, intrigante, aggressivo, ma non certo amabile e romantico. Funziona un po' come una vivisezione del carattere umano in una situazione amorosa. Quello che viene fuori è un contraddittorio, aggrovigliato miscuglio di pulsioni per lo più negative: al desiderio erotico e alla voglia di tenerezza si associano il tradimento, la menzogna, l'egoismo, l'incapacità di comprendere, la gelosia, la frustrazione.
E’ lo stesso J. Law ad affermare che perdonare un tradimento è atto di generosità estremo a provare che in amore non vince chi fugge ma chi incassa. Ma la stessa scelta di non portare mai in scena nessuno dei numerosi tradimenti è la dimostrazione che il tradimento non è un fatto ma è un sentimento. Non il tradimento come atto ferisce, perchè questo giro di boa appare quasi necessario ad ogni coppia, è il sentirsi traditi che ferisce, provoca ira, rabbia, delusione e dolore.
Questo film non è affatto conciliatorio, non è portatore di alcun buon sentimento, e in realtà lo si apprezza o detesta per gli stessi identici motivi, quel che è certo è che non potrebbe mai suscitare indifferenza.
VOT: 7,5

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