sabato 30 giugno 2007

CHICAGO



In Chicago la storia è incentrata su due donne, entrambe omicide, l'aspirante diva Roxie (Zellweger) e Velma, star del vaudeville (Zeta-Jones), le quali s'incontrano in carcere. Un attacco ironico e invelenito allo strapotere della carta stampata, Ia storia di Roxie e Velma, le ballerine assassine che in carcere si trasformano in personaggi da prima pagina. La storia si avvicina parecchio ad EVA CONTRO EVA, alla quale strizza l’occhio con la “newcomer” Roxie che scalza Velma dalle prime pagine e che viene a sua volta messa in disparte appena una nuova clamorosa uxoricida si affida alle cure dell’avvocato Billy Flynn. Lo scenario è quello sfavillante del musical, ma un musical in cui i lustrini si sporcano nella polvere e nel rossetto sbavato della strada, in cui la perfezione dei numeri non tenta di assomigliare alla stramba vita. Rob Marshall (all’esordio dietro la macchina da presa, ma con una bella carriera teatrale alle spalle) allestisce numeri fastosi e crudeli e li taglia con un montaggio senza pietà, tra le gambe delle ballerine, su un volto, un braccio, macchina da presa spesso obliqua, che conferisce a tutto un’angoscia incalzante. L’assassina anonima Roxie Hart vede tutta la sua storia, il carcere che la circonda, il processo, come se fossero numeri musicali: ci sono le sei assassine del fantastico Cell Block Tango, l’avvocato che manovra tutti come marionette appese ai fili, il marito ibrido Mr. Cellophane, Ia “donnona” carceriera in lamé (una grande Queen Latifah in When You’re Good to Mama), ancora l’avvocato che rende l’arringa con un martellante e faticoso tip tap, tutti momenti nei quali la struttura coreografica e visiva si saldano con la carica emotiva della narrazione e con la psicologia del personaggio interprete. Su tutti, naturalmente, le molte occasioni delle due protagoniste, una Renée Zellweger perfezionista e perfetta (pare davvero la Ginger Rogers un po’ buzzurra e disarmata dei film non musicali) e una Catherine Zeta Jones che, ballando, cantando e tenta disperatamente di risalire ai favori dei giornalisti e riprendersi il posto d’onore che era sua.
Un film perfetto in cui parte recitata e cantata si fondono perfettamente e fanno “quadrare il cerchio” mettendo in scena personaggi a tutto tondo e storie ottimamente definite, senza lasciare nulla all’immaginazione, tutto scritto.
VOTO: 7,5

venerdì 29 giugno 2007

MARITI E MOGLI



In Mariti e mogli siamo come sempre a Manhattan, e Manhattan è sempre vista da Allen con l'appassionato sguardo che sappiamo. Ormai non è più un paesaggio, ma è veramente un luogo del cuore. La zona scelta dei giardini visti in tardo autunno, svuotati di gente, diventano nel film un angolo purgatoriale, e i personaggi che li attraversano sono anime senza destino. Due coppie di mezza età (Sally e Jack/ Gabe e Jude) si trovano a cena e discorrono della decisione, presa da una di loro (Sally e Jack), di separarsi. A tale notizia e in seguito alle motivazione di tale decisione (stanchezza e voglia di provare qualcosa di nuovo), anche l’altra coppia incomincia ad entrare in crisi, come se la rottura di simili abbia scoperchiato il vaso che le coppie cercano di tenere nascoste a se stesse pur di resistere. Apparentemente la coppia Gabe e Judy (Allen Farrow) sembra non aver problemi, condividere gli stessi interessi, un solo piccolo screzio lei vorrebbe un figlio, lui no. Se la notizia della separazione passa in sordina per Gabe, per Judy è qualcosa di terribilmente difficile da superare. Da qui in poi è questa coppia ad entrare in crisi, resa ancora più evidente dall’interesse che entrambi i coniugi provano per altre persone: lui per una sua studentessa e lei per un collega di lavoro. Le cose, tuttavia, sono destinate a cambiare ancora, rovesciando specularmente la situazione di partenza: Sally e Jack tornano insieme, mentre proprio Gabe e Judy si dividono senza speranza di potersi reincontrare.
Woody Allen ha utilizzato nel film un susseguirsi di interviste rese a un circuito televisivo. L'intervistatore pone spesso domande ai protagonisti, i quali rispondono in proprio o agiscono, ricordano o vivono: certe volte pare che non ci sia un intervistatore a porgli domande, ma un analista, o meglio uno psichiatra. La narrazione, così, sembra subire spasimi clinici, e, insieme, di accortezze da cinefile. Un po' di Nouvelle Vogue, in quell'intervistare, in quel piazzare frontale i personaggi davanti alla camera: e anche un po' di Bergman (citazione voluta di “Scene di un Matrimonio” del regista scandinavo). Woody Allen fa conversazione con il cinema. Nelle prime immagini è strano come la macchina da presa cerchi di nascondersi dai personaggi che vuole registrare, si ha la sensazione quasi di non voler disturbare i discorsi delle coppie, di volersi confondere con l’ambientei per non essere visti. La macchina subisce parecchi sussulti e la visione non risulta molto facile.
In questa commedia di Allen si ride ancora, però a denti stretti e di un riso amaro le battute fulminanti, che non mancano, sono messe in secondo piano dall'inesorabile analisi di sentimenti e comportamenti.
VOTO: 7

sabato 23 giugno 2007

UN OTTIMA ANNATA



Max Skinner è il miglior broker d'Inghilterra che a causa di una trovata finanziaria eccessivamente spregiudicata, viene allontanato momentaneamente dal suo lavoro. Contemporaneamente viene richiamato in Francia, nella regione della Provenza, poichè lo sio con cui viveva è morto ed era l'unico erede dello chatou e del vigneto di famiglia. Andato in Francia solo per capire il reale valore dell'immobile, pian piano comincia ad innamorarsi prima del luogo, poi delle persone che abitano con lui e poi del vino. Riuscirà a trovare spazio anche per la figlia illegittima dello zio. Ma la pazzia più grande sarà l'innamorarsi della stupenda Funny Chenal che lo ammalierà a tal punto da fargli lasciare Londra e la sua vita precedente.
Una commedia sentimentale con sfondo etilico. Sembra quasi che al momento sia un tema giottonatissimo. Ovviamente ha poco a che vedere con il riuscitissimo Saidways. Dopo "film machi" Ridley Scott si sperimento con le commedie. Scontato dire che gli riesce meglio l'altro genere. Questo film appare per certi versi troppo scontato, e senza veri e propri colpi di scena, quasi piatto e monotono. A ravvivare le 2 ore di film è la stupenda visione degli angoli della Provenza che incantano l'occhio di chi li guarda. Buona fotografia, buona colonna sonora, peccato che poi nel complesso il film non sia cosi tanto riuscito.
VOTO: 5,5

venerdì 15 giugno 2007

OCEAN'S THIRTEEN

La trama è molto semplice e lineare. Inizia con uno sgarro ai danni del “padrino” di Ocean e compagni, Ruben, in seguito al quale ha un attacco di cuore e viene ricoverato d’urgenza. Compito della banda, allargata nel numero, è di vendicare l'amico. L’uomo da sconfiggere è Bank, un Pacino ispirato e con una parrucca da far rabbrividire tutti i parrucchieri di Los Angeles per la sua chioma (dal colore indefinito). Questa volta l’obiettivo è far fallire il casinò di Pacino, svuotando le sue casse. Ad aiutarli nell’impresa il nemico di vecchia data Terry Benedict, Andy Garcia, che finanzierà l’impresa sganciando ben 36000 dollari. Poi ancora colpi di scena su colpi di scena ma è meglio scoprirlo vedendo il film.
Terzo episodio della ormai collaudatissima saga. La prima parte del film appare un po’ macchinosa nelle spiegazioni precise del modo in cui sbancare Pacino, la seconda però, quella in cui il piano viene messo in atto, è tutta un riso e un susseguirsi di gag e colpi d’azione, vera anima del film. Parlare del cast è abbastanza scontato visto che ormai è la terza volta che collaborano. Ma l’elemento che spicca su tutti è la regia. E’ forse maggiormente in questo capitolo che Soderbergh mette a segno i suoi colpi migliori. La regia è tutto fuorché invisibile, la mano del maestro appare chiara sin dalle prime scene. Le inquadrature dal basso verso l’alto, le riprese con la mdp a spalla per seguire i personaggi sono tutti segni di una regia d’autore. Alcuna scene, poi, meritano una citazione a parte; una per tutte quelle in cui Danny e Rusty spiegano il colpo al socio, immortalati dalla mano del regista che ne filtra le figure attraverso il vetro di una finestra, oscurando tutto ciò che li circonda. Una regia che gioca, come d’altronde negli altri capitoli della trilogia, ad essere un po’ colta e allo stesso tempo un pò pop, leggera e pacchiana, piena di piccole trovate sceniche godibilissime.
In definitiva un film riuscitissimo, ricco di citazioni cinefile sparse qui e là (da antologia quella de “Il Padrino”), più bello del secondo anche se non all’altezza del primo.
P.S. Ma voi avete capito di che colore erano i capelli di Al Pacino?

VOTO: 7


lunedì 11 giugno 2007

CARNE TREMULA


Un film di Pedro Almodovar. Con Francesca Neri, Angela Molina, Liberto Rabal, Javier Bardem.
Genere Grottesco 100 minuti.
L'ex-poliziotto David è condannato alla sedia a rotelle per colpa di una sparatoria causata da Elena, ora sua moglie, ed un suo spasimante, Victor, ingiustamente condannato. Il giorno in cui Victor esce di galera cercherà di nuovo Elena e si scatenerà un pericoloso gioco di vendette e resa dei conti...In realtà la trama è un po’ più complessa di così, ma nei film di Almodovar si rischia sempre di dire troppo, dato che i colpi di scena sono così imprevedibili e ben orchestrati.
Questo film ha consacrato Almodovar, entrato a far parte, definitivamente, nella cerchia dei registi-autori. Carne tremula oltre alla qualità visiva, gode di notevoli qualità letterarie. La trama è perfetta, sembra quasi essere costruita secondo la struttura delle scatole cinesi, ogni scatola contiene in sé una più piccola che racchiude un suo segreto, solo aprendo l’ultima scatola tutta la vicenda si sarà esaurita. Visivamente Almodovar è sublime, riesce a rendere perfettamente tutti i cambiamenti di vent’anni di storia, passando dall’emanazione delle leggi speciali di Franco, che circoscrivevano le libertà degli individui, al periodo post-Franco, con assoluta padronanza. E’ da notare come tutta la porzione di storia che si svolge durante la dittatura franchista avviene di notte, tutte le scene di “violenza” avvengono quando c’è poca luce e le tenebre oscurano il cielo, al contrario la porzione di pellicola che si svolge dopo la dittatura è tutta luminosa e per lo più ambientata in esterne. La luce, la fotografia riescono a rafforzare la separazione netta implicita nel film: zone di violenza e zone di non violenza, periodo pre - Franco e periodo post – Franco.
Un film da vedere assolutamente, perchè come tutti i film di Almodovar fanno ridere, fanno pensare, e soprattutto ti lasciano qualcosa di speciale.
VOTO: 7,5

mercoledì 6 giugno 2007

HISTORY OF VIOLENCE



In una piccola cittadina del Midwest Tom Steil gestore del bar in cui lavora (Vigo Mortensen) sventa una rapina alla velocità della luce, e con una freddezza di spirito da inquietare. Come è tipico nella provincia americana, i media arrivano subito sul luogo del misfatto, cercando di mostrare allo stato intero l’eroe del giorno. L’uomo scansa tutta la pubblicità quasi fosse peste, ma i media riescono a strappare una sua foto. A questo atteggiamento evitante la moglie Edie (Maria Bello) non riconosce più il marito, che da essere un uomo dolce e affettuoso, diventa irritabile e irascibile. La situazione tra i due si affatica con l’apparizione di un boss della malavita irlandese, che mette in guardia la moglie raccontandole il passato burrascoso del marito Tom.
Nuovo film di David Cronenberg, liberamente tratto da una graphic novel di John Wagner e Vince Locke. Sembra quasi una specie di B-western, con le inquadrature tipiche del genere (i primi piani sugli occhi prima di un attacco frontale) e soprattutto la tematica dello straniero che invade la propria casa. Tutto il film è nel titolo. In inglese “to have a history of violence” significa avere un passato burrascoso. In questo film al centro di tutto c’è sempre la violenza (in questo Cronenberg è fedele a sé stesso), ma soprattutto la volontà di nascondere sotto il tappeto, tutto ciò che si è fatto prima di diventare una persona migliore. La violenza fa parte dell’uomo, e anche la persona migliore ha i suoi scheletri nell’armadio, e Cronenberg è capace, anche solo con poco, di far ri-emergere la parte bestiale dell’uomo. Un film di un rigore pauroso, sembra pulito ed esaustivo insieme.
VOTO: 7

sabato 2 giugno 2007

ESPERIENZE











Oggi voglio parlare dell'esperienza di ieri sera. Sono stata ad una festa per la fine della scuola. Ma ad organizzarla è stata la classe V di un Istituto Commerciale frequentata da sordi. Questa è tutta la classe al femminile, ragazze che seguo dall'inizio dell'anno. Comincio tutto dal principio. Sto facendo il Servizio Civile, seguo nello studio (e anche in tutto il resto) delle ragazze sorde che frequentano l'ITC di Barletta. Alcune sono sorde profonde, significa che non sentoo proprio nulla, altre sono sordastre, significa che sentono un po' e si aiutano con l'ausilio delle protesi ad uno o ad entrambe le orecchie. E' un'esperienza assurda. Questi ragazzi sono assieme orgogliosi del loro stao e arrabbiati. Il loro orgoglio li porta ad escludere gli udenti, percepiti come estranei e da tenere lontani, e per questo arrabbiati, perchè non "compresi" proprio da coloro che avrebbero dovuto preoccuparsi di loro. Tutta la serata è stata paradossale, sono andata in macchina con un sordo che voleva comunicare con me, attraverso i gesti. La LIS è la lingua per i sordi e ovviamente si utilizzano le mani, perciò guidare mentre si guarda le mani dell'altro è abbastanza pericoloso. Poi mi hanno invitato a ballare. I sordi che ballano, sembra una barzelletta, e invece no. Sentono le vibrazioni nel petto. detta così sembra qualcosa di così assurdo e invece a starci assieme tutti i giorni ti rendi conto che è quanto di più normale possa esserci.

PS. I ragazzi della prima foto sono i miei alunni.