sabato 15 novembre 2008

LES CHORISTES


Siamo nel 1949 un professore di musica, Clement Mathieu, viene assunto come sorvegliante in un istituto di rieducazione per minori. Le regole dell'istituto sono ferree e il direttore non permette a nessun insegnate di applicare metodi educativi differenti dall'assunto AD OGNI AZIONE UNA REAZIONE. Nel film è quasi un ritornello che torna sempre, ripetuto sia dal corpo docente che, quasi per ricordarselo lo intonano spesso e volentieri, sia dai discoli scolari dell'istituto che sanno quale sarà il loro destino.
Ma a sconvolgere questo imperfetto equilibrio arriva il nuovo sorvegliante Clement Mathieu che con il suo amore per la musica (è un musicista fallito con la passione per la composizione di musica) riesce ad APPASSIONARE un banda di disadattati abbandonati dalle proprie famiglie.
Il film si sviluppa tra una "azione-reazione" e un "coro", sgratolando dal basso quella gerarchia voluta tanto dal cattivo direttore dell'istituto. Nel film due sono gli elementi in primissimo piano 1) la musica in grado di appassionare veramente i ragazzi e renderli uniti nella consapevolezza di avere la possibilità di un futuro migliore (prospettiva negata dagli altri docenti dell'istituto),
2) l'ingenuità dei bambini che pur nella loro condizione svantaggiata mantengono la dolcezza e la fanciullezza dei bamibini.
La pellicola guarda sempre al passato, la stessa narrazione ricalca i cliche delle pellicole classiche (la storia inizia con i personaggi già grandi che attraverso la lettura di un diario ripensano al passato) e con la dolcezza e leggerezza narrativa del passato raccontano una storia semplice e convolgente allo stesso tempo.
VOTO: 7,5

domenica 26 ottobre 2008

VICKY CRISTINA BARCELONA




Queste le due locandine dell'ultima fatica del mitico Woody Allen.
Un viaggio a Barcellona cambia la vita di due ragazze: Vicky, estremamente razionale e lucida nella vita ma non davanti ad un suonatore di chitarra spagnolo al cospetto del quale si scioglie e mostra qualche lacrima; e Cristina una ragazza in preda agli amori e alla passione, ma in realtà estremamente lucida e lesta a fuggire prima di una tempesta amorosa.
Poi c'è Barcellona, la città catalana in grado di far innamorare, far pensare e modificare le vite di chi vi vive e alloggia. L'anima di questa città è impersonata dal tenebroso, pazzoide, amatore Javier Bardem che con estrema naturalezza e semplicità propone alle due ragazze di far l'amore con lui. Lo spirito di questo film è un po' tutto in questa naturalezza, in questa trasparenza dei sentimenti e dei legami, pronti ad intrecciarsi svariate volte.
Elemento fondamentale della pellicola è l'amore. Amore con la lettera maiuscola, amore per una donna, amore per due donne, amore per l'arte. C'è libertà sessuale ma mai ostentata o difesa come nuovo valore del nuovo mondo. L'Allen regista segue i suoi personaggi senza difenderli o accusarli. In fondo l'unico solo vero valore che si vuol dimostrare è che non esiste un solo vero amore. Si può sempre amare e c'è sempre amore.
In questo film Allen strizza l'occhio al collega catalano Pedro Almodovar, traendo da quest'ultimo quelli che sono gli argomenti più cari. Sarà forse il vento della Mancha che fa impazzire gli animi o sarà l'arte e la passione che si respira nei vicoli caratteristici così come nei grandi edifici storici, fatto sta che la città plasma i cuori e le menti di chi la vive.
Di sicuro una commedia non "alleniana", ma piegata a quelle che sono le variabili esterne (la città) ma il tocco dell'artigiano, del cultore della macchina, rende il prodotto estremamente godibile e divertente. Insomma questo Allen non convince ma diverte.
VOTO: 7

domenica 19 ottobre 2008

SEX AND THE CITY


E le quattro ragazze scansonate, emancipate, glitterate e alle volte anche un po’ svampite hanno colpito ancora.
Lo recupero con 3 mesi di ritardo, ma non posso non parlare delle mie adorate ragazze.
Per chi non vive a New York e sogna tutto quello shopping e quel via vai l’unica soluzione sono i fantasiosi racconti di Carrie Bradshow.
Parliamo del film. Io l’ho amato, in 2 giorni l’ho visto 3 volte. E adesso forse quei pochi fedelissimi blogger che mi leggono e mi postano ancora si dimenticheranno di me, ma non fa nulla.
Forse di parte, ma provo a parlare del film. Ovviamente tutti i cliché vengono rispettati: matrimonio fissato, matrimonio annullato e….(ovviamente non si svela, anche se ormai chi aveva voglia di vederlo l’avrà già visto) e poi ovviamente tutto condito con le storie parallele delle altre tre co-protagoniste.
Questo film, oltre per dei cambi di vestito favolosi e come sempre eccentrici e singolari, è un susseguirsi di riso, pianto e poi ancora riso e pianto. Le ragazze pur con qualche anno in più non hanno perso la loro vitalità, il loro umorismo e soprattutto la voglia e la capacità di “prendersi in giro”.
Il tema è sempre lo stesso: esiste il vero amore? In fondo è questo l’enigma di tutte le ragazze, di tutto il mondo: esiste il vero amore? E se esistesse davvero dov’è? E quando arriva?
Risposte non ci sono. L’unica vera risposta è che se davvero lo si trova bisogna saperselo tenere stretto e qualche volta saper perdonare. Perché in fondo: chi la dura la vince! (Mi scuso per aver usato questa formula molto politica, però se lo trasportiamo in un campo neutro quale quello amoroso… allora forse diventa più che azzeccato!)
VOTO: 8

venerdì 10 ottobre 2008

IL PAESE DELLE SPOSE INFELICI


Veleno, alias il protagonista di questo romanzo, è figlio di una famiglia medio-borghese della città di Martina Franca, ma le “brutte compagnie” si sa che finiscono per deviare anche i ragazzi provenienti dalle famiglie più per bene. Senza dilungarmi troppo sull’intreccio di questo testo, perché altrimenti toglierei il gusto della lettura, voglio soffermarmi su un aspetto fondamentale della scrittura del giovane scrittore: è riuscito a trasportare in prosa la poeticità e gli elementi più evocativi della poesia.
Sin dalle prime pagine ho trovato con questo romanzo un certo legame, era come se le sue parole avessero “più consistenza”, colore e calore. Esse rinviano ad una idea, che è nitida e nel contempo arricchita di percezioni visive e olfattive. Chiudendo gli occhi e andando al di là delle parole, appaiono chiari i colori e gli odori degli eventi, dei rapporti, dei legami e delle emozioni. Forse questa “recensione” apparirà un po’ strana perché mi ritrovo a parlare per immagini (chi mi conosce sa che questo fa parte del mio modo d’essere), ma quella che mi viene in mente è un fiume impetuoso che scorre e sbatte contro i suoi argini e a momenti di forte movimento seguono quelli di magica quiete. Esso (il fiume) assume un colore un po’ innaturale, di un rosso vermiglio, colore tipico solo dei tramonti delle terre del Sud, e l’aria emana un odore ferroso, di ruggine e lo riesci quasi a sentire in bocca e in alcuni tratti del romanzo da persino fastidio Il personaggio di Veleno è meraviglioso (scusate la banalità), capace di destreggiarsi tra l’Amore più profondo, quello persino idealizzato, e la perversione più marcia e cruda che considera la donna come un oggetto. Il modo di vivere l’Amore di Veleno è molto contemporaneo e allo stesso tempo tradizionale, perché in fondo l’unica cosa che può salvare Veleno dal suo imbarbarimento dei sentimenti è proprio un semplice bacio. Il legame che lega Veleno-Annalisa-Zazà (questo mi riporta alle immagini della pellicola di Truffaut in cui Jules, Jim e Cathrine trascorrevano le loro giornate sapendo di vivere una menage a trois pericolosa e allo stesso tempo “vitale”) è qualcosa di sincero, aulico ed estremamente “pulito”, in un rapporto a tre ritmato e “di vita”, pur se tutto il loro rapporto si fonda e si costruisce su una grande bugia, e la bugia ha un unico volto: Annalisa. Ma nonostante tutto, piuttosto che pensare di poter ricominciare a vivere, è meglio lasciarsi morire nell’ultimo lembo di terra possibile, nell’ultima opportunità di vita concessa: l’incipit alla morte.

mercoledì 1 ottobre 2008

BUON COMPLEANNO



Mi faccio da sola gli auguri, perchè ieri sono diventata un anno più vecchia!

lunedì 8 settembre 2008

ACCORDI E DISACCORDI


Emmet Ray il più grande chitarrista degli Stati Uniti d’America è assolutamente ossessionato da uno zingaro francese Django Reinhardt il migliore di tutti in assoluto. L’unica cosa che li separa è l’amore: Django riesce ad aprirsi e a trasmettere emozioni, le sue, con la sua musica; Emmet è incapace di amare nessun’altro se non la sua chitarra, e questo rende la sua musica di poco inferiore a quella di Django.
Quella costruita da Allen è una storia intervistata. Attraverso i vari racconti su episodi della vita “eccentrica” di Emmet vengono ripercorsi i momenti più salienti. Ovviamente non mancano neppure le contraddizioni e le duplicità di versioni. Tipico di un personaggio che ha in sé un po’ tutti i difetti del genere umano: egocentrico, eccessivo, egoista, beone, arraffone, spendaccione, bugiardo ecc. Nella sua vita non sono mai mancate le donne, ma solo due sono riuscite a rimanergli accanto: Attie una ragazza muta che sapeva capirlo e profondamente innamorata di quel chiacchierone e fanfarone; l’altra Blanch una quasi-scrittrice che per spirito investigativo cerca di scavare nell’animo di Emmet senza mai davvero riuscire a penetrarlo.
Un film di Allen senza Allen. Un po’ strano, anche se qui e là qualcosa del regista si intravede, lo stesso Emmet, non è il suo alter ego, ma per certi aspetti lo ricorda molto. Parte importante del film il jazz e le schitarrate di questi due geni della chitarra.
VOTO: 7

sabato 6 settembre 2008

ADULTERIO ALL'ITALIANA


Dal 1966 una commedia tutta equivoci e risatine.
Franco un ingegnere dell’Italia bene si rivela un marito fedifrago e l’unico rimedio al divorzio è accettare il tradimento della moglie. Ovviamente per l’Italia benpensante dell’epoca è una cosa impensabile, ma Franco e Marta sono una coppia moderna, l’uomo e la donna hanno pari dignità, e un po’ come la legge del taglione occhio per occhio…
Ma la donna è molto più furba di lui, e vuol dargli una lezione memorabile. Sicché tira le cose per le lunghe, prima rimandando la vendetta al giorno in cui avrà trovato un tipo che le piaccia, poi esasperando il marito sino ai limiti della pazzia. Il film è tutto in questa serie innumerevoli di equivoci e di sketch: da un lato nei sospetti e nelle smanie dell’uomo, che cerca di individuare il rivale, e ricostruisce gli indizi più contraddittori sparsi ad arte dalla moglie, dall’altro nei luciferini machiavelli di Marta, che anche oltre il lecito, e sfiorando il sadismo, si diverte nel veder soffrire il marito e nel cacciarlo in situazioni impossibili.
La commedia degli equivoci è qui impreziosita da location di lusso, abiti alto borghesi e una grande patina glam
.
VOTO: 6,5

mercoledì 3 settembre 2008

MILLION DOLLAR BABY


Maggy (Hilary Swank) una testarda ragazza di 33 anni aspira a conquistare il titolo nel pugilato. Dopo un corte sfrenata a Frankie (Clint Eastwood) finalmente i due diventano una “coppia”.
La tenacia e la determinazione della ragazza la porteranno in alto e in pochissimo tempo passerà dall’anonimato all’acclamazione, senza mai perdere fiducia nel suo allenatore che cercherà di allontanare il più possibile l’incontro che potrebbe portare Maggy al titolo.
Ma l’incontro di Las Vegas è fin troppo vicino e lo stesso allenatore deve arrendersi e decidersi ad organizzarlo. La fama della sfidante la precede e senza smentirsi, in modo subdolo, sarà l’unica a mettere ko Maggy.
La storia è narrata in prima persona da uno splendido Morgan Freeman (nel film Scrap) ex-pugile allenato da Frankie, diviso tra amicizia e risentimento per l’amico che l’ha condotto verso l’ultimo incontro, ma nonostante ciò lucido analista della storia e della vita personale del suo ex allenatore.
L’alchimia che lega i tre personaggi è fortissima, l’uno rappresenta qualcosa in più per l’altro: non solo un allenatore (Frankie per Maggy), manager (Maggie per Frankie) dipendente (Scrap per Frankie). Ognuno di loro è per l’altro l’ultimo legame con il genere umano, da cui è stato profondamente deluso. Il regista Clint Eastwood e l’attore Clint Eastwood raccontano e mostrano sullo schermo coraggio, forza, tenacia, pudicizia e rigore, senza mai sciabordare, rispettando sempre i contorni netti della perfezione stilistica e registica.
In questo film tante sono gli spunti: il rapporto padre-figlia, l’autanasia e in qualche modo anche la predestinazione. Il pugilato altro non è se non un pretesto per poter parlare di altro: la crudelta dell'esistenza, la generosità e l'amore ritrovato
I tre attori non livellano gli stili, ognuno porta qualcosa di sé, mischiando tutto in uno stupendo dialogo a tre.
Sarà perchè mi affascina il mondo della boxe, sarà perchè il climax creato dal Eastwood è perfetto, ma questo film ha un che di eccezionale.
Voto: 8

domenica 31 agosto 2008

PER LEI

Per lei voglio rime chiare,
usuali: in -are.
Rime magari vietate,
ma aperte, ventilate.
Rime coi suoni fini
(di mare) dei suoi orecchini.
O che abbiano, coralline,
le tinte delle sue collanine.
Rime che a distanza
(Annina era così schietta)
conservino l'eleganza
povera, ma altrettanto netta.
Rime che non siano labili
Anche se orecchiabili.
Rime non crepuscolari,
ma verdi, elementari.
(Giorgio Caproni)

A SANGUE FREDDO


Un omicidio efferato in una casa dispersa tra le campagne di una cittadina tranquilla del Kansas. E' questa la notizia che colpisce lo scrittore di New Orleans Truman Capote e lo porta a lasciare la città e le feste in suo onore. L'evento dà allo scrittore l'idea per un nuovo libro, un nuovo genere: il romanzo documentario. Accusati dei 4 omicidi due uomini al cui destino Capote si legherà e a cui destinerà i suoi soldi per potergli assicurare un buon avvocato che cerchi di sovvertire il verdetto di "colpevoli" e "pena di morte". Durerà sei anni questo strano rapporto tra scrittore e detenuto, rapporto in cui le figure del carnefice e della vittima si mischiano e si invischiano.
Un po' come in un cerchio, il film inizia e finisce con un omicidio, voluto e legalizzato l'ultimo, incomprensibile e illogico il primo. In tutta la pellicola colpisce molto la fotografia, gli ambienti sono aperti e infiniti nelle esterne, chiusi e cupi negli interni. Truman Capote è l'unico vero protagonista del film tutti gli altri personaggi non sono che satelliti che gli girano intorno senza riuscire mai davvero a toccarlo o scalfirlo, i dialoghi sono quasi sempre a due e lo scrittore appare come in posa per un'imminente foto o dipinto.
La vita di Capote è un'opera d'arte con un unico soggetto: se stesso.
VOTO: 7

sabato 3 maggio 2008

RITORNI




E per la serie "A VOLTE RITORNANO" eccomi qua...


Dopo tanta pioggia e grigiore (per la mia assenza) torna sempre il sereno (quindi io).


E poi il corvo insegna NON PUO' PIOVERE PER SEMPRE.

IN AMORE NIENTE REGOLE



Ambientato nell’America del Novecento dei primi anni ’20.
Protagonisti un Gorge Clooney in versione atleta un po’ in là con gli anni che pur di ridar vita alla sua squadra di football farebbe carte false. E in qualche modo è proprio quello che fa. Assolda l’eroe della prima guerra mondiale, che tra l’altro è un ottimo giocatore di football, così da rimpinguare le casse della propria squadra, compagni e sponsor, “vendendo” (nel senso di far pubblicità) il proprio club.
L’unica che riuscirà a tener testa al Clooney-canaglia sarà un’adorabile giornalista (R. Zelwegger) dalla lingua tagliente e pungente che per arrivismo, o solo per ambizione, scoperchierà il “vaso di Pandora” e rivelerà il segreto del giocatore di football eroe della prima guerra mondiale.
Una commedia divertente e sagace, ritmata non solo dai dialoghi serrati ed esilaranti ma anche dai giochi di sguardi di due attori navigati che ben calzano il ruolo di uomini e donne dell’epoca.
In qualche punto della commedia forse il ritmo era ascendente, ma in complesso questa commedia appare ben organizzata, senza mai eccedere o strafare. Stupenda la colonna sonora e le ambientazioni. Fanno venire voglia di tornare a quei tempi.
VOTO: 7

sabato 23 febbraio 2008

KIKA UN CORPO IN PRESTITO




Il rapporto tra realtà e messa in scena è al centro di questo film, giocato sull'antagonismo delle due protagoniste femminili: Kika, truccatrice, una che di lavoro cercare di rendere esticamente migliore la realtà; e Andrea la videoreporter, colei che mette in scena eventi "veri"e alla perenne ricerca di scoop televisivi.
Kika vive un pericoloso rapporto a tre tra il compagno Ramon e il suo patrigno Patrick.
Andrea invece si fa piantare una videocamera in testa per immortalare "il peggio del giorno" (titolo del suoshow televisivo). Almodovar da tutto se stesso in questo film. Convergono in esso tutte le tematiche tipiche, lo spirito grottesco e le esagerazioni tipiche della movida madrilena dell'epoca. Guardando questo film ci si può far abbagliare da tutta la carne in mostra, dalle continue situazioni paradossali. Ma il vero centro del film è rappresentato dal personaggio di Andrea, che guarda spia, e registra le perversioni di una società che sempre più ha voglia di vedere in televisione se stessa e le proprie storpiature.
Frase più topica del film: "Uccidere è un po' come tagliarsi le unghie, all'inizio si viene presi da un senso di pigrizia, poi non si può più far a meno".
Questo Almodovar è eccessivo, estremamente. Stroncato dalla critica dell'epoca. Io non mi sento di farlo, un po' perchè ci sono affezionata, un po' perchè la poetica di Almodovar è complessa e gioca su questa continua oscillazione tra sacro (cultura alta) e profano (cultura bassa).
VOTO: 6

domenica 17 febbraio 2008

CASSANDRA'S DREAMS



Due fratelli di estrazione proletaria con non grossissime entrate, vivono la propria vita sapendo di poter contare su uno zio molto ricco capace di aiutarli a realizzarsi e in caso di bisogno. L’uno, ingenuo provincialotto tenerissimo e con il vizio del gioco, fa il meccanico (il braccio) e ha accumulato debiti pari a 90 mila sterline, l’altro, animo freddo, distaccato e mai innamorato prima si invaghisce di una attricetta molto ambiziosa e cerca di conquistarla vagheggiando di essere un imprenditore di alberghi in America, lavora nel piccolo ristorante di famiglia (la mente). Entrambi si ritrovano ad aver bisogno di un ingente somma di denaro e si rivolgono allo zio arrivato in Inghilterra per una visita. Lo zio accetterà di aiutare i nipoti ma ad una condizione. Un po’ come il serpente che tenta Eva nell’Eden i ragazzi dovranno decidere se rimanere nel Paradiso (affrontando tutti i problemi da soli) o mordere la mela e precipitare nel peccato originale.
Senza svelare troppo del film, in esso Allen narra una storia in cui si evince che il confine tra il bene e il male, il giusto e il sbagliato è estremamente labile. Una storia in cui ambizione e follia vanno di pari passo, tutto con una formalità e rigorismo ineccepibili. In questo film tutti i tratti distintivi di Allen convergono nelle tematiche (escalation sociale, pessimismo cosmico e ironia grottesca) ai movimenti della macchina da presa.
La mano di Allen si riconosce in piccoli particolari dalla regia (tipo l’inquadratura di E. McGregor con la sua fidanzata a letto attraverso l’immagine riflessa dallo specchio) ai testi (quello humor che è tipico del regista americano). In questa pellicola Allen sembra muoversi nell’ombra ma alcuni guizzi del genio sono ben visibili.
Film perfetto tra una gag (di solito grottesca) e un ritmo più blando.
VOTO: 8

domenica 10 febbraio 2008

PRET-A-PORTER




Di questo film si può dire di tutto e anche di più. E’ un film sulla moda, o meglio ancora è una descrizione colorata del fantasioso ed eterogeneo mondo della moda. Un circo è, già nel senso comune, il mondo della moda: in cui le singole microstorie si sviluppano incessantemente, s'intersecano, si sovrappongono, talvolta si modificano l'una con l'altra, talvolta si sfiorano appena Con i suoi movimenti la macchina da presa partecipa così alla tragedia o alla commedia - spesso, alla tragedia e alla commedia insieme - che si offrono al suo occhio come in un circo totale.
Ovviamente, il cinema è sempre al centro dell'attenzione pieno zeppo di divi e dive di varia grandezza: da Kim Basinger a Sophia Loren, da Marcello Mastroianni a Rupert Everett, da Anouk Aimée a Julia Roberts, da Stephen Rea a Jean Rochefort, da Danny Aiello a Linda Hunt... Tuttavia, vi compaiono come riferimenti divertiti, come citazioni, non come "protagonisti", non nella parte di se stessi.
In questa pellicola Altman frena la vena critica (accusatoria) che è in lui e finge di essere il primo spettatore di questo circo. Solo nei confronti della critica - confronti delle riviste di moda - la mano resta pesante, con il "gioco" tra il fotografo Rea e le 3 giornaliste, Altman fa emergere la realtà umana di coloro che mediano il mito sui giornali. Il film finisce con il monito di Armani: Get real. Siate veri e spogliatevi di tutto ciò che è superfluo.
VOTO: 8

LA PAROLA AMORE ESISTE



Angela una bella donna romana sui trent’anni piena di fobie non riesce a far girare la propria vita. Sono proprio le sue fobie a darle la certezza di esistere. Fobie e regole su tutto: calpestare le connessure del selciato, camminando per strada, è pericoloso. Pronunciare la parola "sicuramente" è impossibile. Ogni colore ha significati positivi o negativi, e così i numeri: il 3 è amore, il 2 è la solitudine, la scissione, e l'11 non va, è 1più1; 26 è Dio, 27 è Dio più amore ossia l'amore perfetto e soprattutto non pronunciare mai la parola “sicuramente”. Frequentando lo studio del suo psico-terapeuta (di cui tra l’altro non si fida) incrocia un uomo che indossa un bel maglione rosso. E’ subito amore.
Questo è un film non è solo sull’amore ma anche sulla malattia e sulla guarigione, sulla serietà e profondità dell’amore che è un incrocio fortuito e casuale di eventi. La trama appare un po’ casuale all’insegna del “tutto può succedere” e infatti fino a venti minuti dalla fine non si riesce a capire come volgerà al termine, poi incidenti tanto fortuiti quanto forzati condurranno all’unione, forse, dei due personaggi legati dalla comune solitudine.
Una commedia dei sentimenti, volutamente ed esplicitamente “alla francese”, con personaggi che vivono l’impossibilità di comunicare, di capire sia se stessi che gli altri.
VOTO: 5,5

lunedì 14 gennaio 2008

CASPITA

Caspita, non pensavo potesse accadere davvero...
Soprattutto non potevo pensare che capitasse proprio a me!
Ho avuto panico..
Mi ha chiamato un'ottima scuola di Milano Centro e io ho rifiutato..
Ho rifiutato perchè ho avuto paura di lasciare tutto qui e iniziare un nuovo corso lì.
Ho avuto panico..
Non ho parole!

giovedì 10 gennaio 2008

PENSIERI DI PRIMA MATTINA

La risposta era sì. La scuola di Inveruno mi ha offerto una supplenza fino alla fine dell'anno..
Ma io non so come arrivarci lì.. Sembra un posto che non esiste, è un miracolo se nelle cartine geografiche appare. Per farla breve: ieri pomeriggio ho accettato, stamattina devo richiamare per disdire.. Spero non ci siano problemi.. Ma, da una parte sono felice e sollevata, dall'altra ovviamente mi spiace buttare all'aria questa possibilità.

mercoledì 9 gennaio 2008

RISPOSTE

sono le 7:00 del mattino!

RISPOSTA?

SI NO

SI ASPETTA

martedì 8 gennaio 2008

VEDREMO UN PO'

Oggi come un fulmine a ciel sereno mi sono arrivati 2 telegrammi.
Li apro, bramosa e nervosa, perchè già sapevo di cosa si trattava.
Non avevo sbagliato.
Addirittura 2 scuole. Sì in due scuole mi hanno chiamato per "offrirmi" una supplenza: una è la scuola di Inveruno, una cittadina piccola di circa 7000 abitantri, pressapoco; l'altra è Cinisello Balsamo di circa 75000 abitanti (più o meno come la mia città).
Ma purtroppo questi telegrammi non sono mai troppo precisi e chiari, per cui non ho capito molto cosa vi era scritto.
Domani chiamerò ad entrambe le scuole e chiederò conferma e spiegazione.
Potrei già essere con la valigia in mano domani sera a quest'ora!
Speriamo!

domenica 6 gennaio 2008

HALLOWEEN



Rob Zombie ha pensato bene di omaggiare un film cult di J. Carpenter che, nel suo genere, è un cult. Quello di R. Zombie voleva essere un remake-prequel, ossia voleva riprendere gli "orrori" mostrati da Carpenter cercando di darne delle spiegazioni psicologiche mostrandoci il passato tormentato e psicotico (ma soprattutto topico) di Mayers.

Il risultato è spaventoso. Un film senza anima, senza tempo e senza tensione, una successione spietata di omicidi senza origine ne cause. Zombie vuole spiegare le cause della follia del ragazzo mostrandoci la solita storia della provincia americana degradata, la famiglia sull'orlo del baratro con un patrigno ubriacone e denigrante, la madre spogliarellista e la sorella molto "free".

Alla fine della visione si esce dalla sala di proiezione svuotati e schifati per l'oltraggio nei confronti del film originale (perchè nonostante a me Carpenter non faccia impazzire, di sicuro, ripeto, nel suo genere è un maestro) e per la poltiglia di corpo e di sangue inutile che si è andati a vedere.

VOTO:3