sabato 23 febbraio 2008

KIKA UN CORPO IN PRESTITO




Il rapporto tra realtà e messa in scena è al centro di questo film, giocato sull'antagonismo delle due protagoniste femminili: Kika, truccatrice, una che di lavoro cercare di rendere esticamente migliore la realtà; e Andrea la videoreporter, colei che mette in scena eventi "veri"e alla perenne ricerca di scoop televisivi.
Kika vive un pericoloso rapporto a tre tra il compagno Ramon e il suo patrigno Patrick.
Andrea invece si fa piantare una videocamera in testa per immortalare "il peggio del giorno" (titolo del suoshow televisivo). Almodovar da tutto se stesso in questo film. Convergono in esso tutte le tematiche tipiche, lo spirito grottesco e le esagerazioni tipiche della movida madrilena dell'epoca. Guardando questo film ci si può far abbagliare da tutta la carne in mostra, dalle continue situazioni paradossali. Ma il vero centro del film è rappresentato dal personaggio di Andrea, che guarda spia, e registra le perversioni di una società che sempre più ha voglia di vedere in televisione se stessa e le proprie storpiature.
Frase più topica del film: "Uccidere è un po' come tagliarsi le unghie, all'inizio si viene presi da un senso di pigrizia, poi non si può più far a meno".
Questo Almodovar è eccessivo, estremamente. Stroncato dalla critica dell'epoca. Io non mi sento di farlo, un po' perchè ci sono affezionata, un po' perchè la poetica di Almodovar è complessa e gioca su questa continua oscillazione tra sacro (cultura alta) e profano (cultura bassa).
VOTO: 6

domenica 17 febbraio 2008

CASSANDRA'S DREAMS



Due fratelli di estrazione proletaria con non grossissime entrate, vivono la propria vita sapendo di poter contare su uno zio molto ricco capace di aiutarli a realizzarsi e in caso di bisogno. L’uno, ingenuo provincialotto tenerissimo e con il vizio del gioco, fa il meccanico (il braccio) e ha accumulato debiti pari a 90 mila sterline, l’altro, animo freddo, distaccato e mai innamorato prima si invaghisce di una attricetta molto ambiziosa e cerca di conquistarla vagheggiando di essere un imprenditore di alberghi in America, lavora nel piccolo ristorante di famiglia (la mente). Entrambi si ritrovano ad aver bisogno di un ingente somma di denaro e si rivolgono allo zio arrivato in Inghilterra per una visita. Lo zio accetterà di aiutare i nipoti ma ad una condizione. Un po’ come il serpente che tenta Eva nell’Eden i ragazzi dovranno decidere se rimanere nel Paradiso (affrontando tutti i problemi da soli) o mordere la mela e precipitare nel peccato originale.
Senza svelare troppo del film, in esso Allen narra una storia in cui si evince che il confine tra il bene e il male, il giusto e il sbagliato è estremamente labile. Una storia in cui ambizione e follia vanno di pari passo, tutto con una formalità e rigorismo ineccepibili. In questo film tutti i tratti distintivi di Allen convergono nelle tematiche (escalation sociale, pessimismo cosmico e ironia grottesca) ai movimenti della macchina da presa.
La mano di Allen si riconosce in piccoli particolari dalla regia (tipo l’inquadratura di E. McGregor con la sua fidanzata a letto attraverso l’immagine riflessa dallo specchio) ai testi (quello humor che è tipico del regista americano). In questa pellicola Allen sembra muoversi nell’ombra ma alcuni guizzi del genio sono ben visibili.
Film perfetto tra una gag (di solito grottesca) e un ritmo più blando.
VOTO: 8

domenica 10 febbraio 2008

PRET-A-PORTER




Di questo film si può dire di tutto e anche di più. E’ un film sulla moda, o meglio ancora è una descrizione colorata del fantasioso ed eterogeneo mondo della moda. Un circo è, già nel senso comune, il mondo della moda: in cui le singole microstorie si sviluppano incessantemente, s'intersecano, si sovrappongono, talvolta si modificano l'una con l'altra, talvolta si sfiorano appena Con i suoi movimenti la macchina da presa partecipa così alla tragedia o alla commedia - spesso, alla tragedia e alla commedia insieme - che si offrono al suo occhio come in un circo totale.
Ovviamente, il cinema è sempre al centro dell'attenzione pieno zeppo di divi e dive di varia grandezza: da Kim Basinger a Sophia Loren, da Marcello Mastroianni a Rupert Everett, da Anouk Aimée a Julia Roberts, da Stephen Rea a Jean Rochefort, da Danny Aiello a Linda Hunt... Tuttavia, vi compaiono come riferimenti divertiti, come citazioni, non come "protagonisti", non nella parte di se stessi.
In questa pellicola Altman frena la vena critica (accusatoria) che è in lui e finge di essere il primo spettatore di questo circo. Solo nei confronti della critica - confronti delle riviste di moda - la mano resta pesante, con il "gioco" tra il fotografo Rea e le 3 giornaliste, Altman fa emergere la realtà umana di coloro che mediano il mito sui giornali. Il film finisce con il monito di Armani: Get real. Siate veri e spogliatevi di tutto ciò che è superfluo.
VOTO: 8

LA PAROLA AMORE ESISTE



Angela una bella donna romana sui trent’anni piena di fobie non riesce a far girare la propria vita. Sono proprio le sue fobie a darle la certezza di esistere. Fobie e regole su tutto: calpestare le connessure del selciato, camminando per strada, è pericoloso. Pronunciare la parola "sicuramente" è impossibile. Ogni colore ha significati positivi o negativi, e così i numeri: il 3 è amore, il 2 è la solitudine, la scissione, e l'11 non va, è 1più1; 26 è Dio, 27 è Dio più amore ossia l'amore perfetto e soprattutto non pronunciare mai la parola “sicuramente”. Frequentando lo studio del suo psico-terapeuta (di cui tra l’altro non si fida) incrocia un uomo che indossa un bel maglione rosso. E’ subito amore.
Questo è un film non è solo sull’amore ma anche sulla malattia e sulla guarigione, sulla serietà e profondità dell’amore che è un incrocio fortuito e casuale di eventi. La trama appare un po’ casuale all’insegna del “tutto può succedere” e infatti fino a venti minuti dalla fine non si riesce a capire come volgerà al termine, poi incidenti tanto fortuiti quanto forzati condurranno all’unione, forse, dei due personaggi legati dalla comune solitudine.
Una commedia dei sentimenti, volutamente ed esplicitamente “alla francese”, con personaggi che vivono l’impossibilità di comunicare, di capire sia se stessi che gli altri.
VOTO: 5,5