venerdì 10 ottobre 2008

IL PAESE DELLE SPOSE INFELICI


Veleno, alias il protagonista di questo romanzo, è figlio di una famiglia medio-borghese della città di Martina Franca, ma le “brutte compagnie” si sa che finiscono per deviare anche i ragazzi provenienti dalle famiglie più per bene. Senza dilungarmi troppo sull’intreccio di questo testo, perché altrimenti toglierei il gusto della lettura, voglio soffermarmi su un aspetto fondamentale della scrittura del giovane scrittore: è riuscito a trasportare in prosa la poeticità e gli elementi più evocativi della poesia.
Sin dalle prime pagine ho trovato con questo romanzo un certo legame, era come se le sue parole avessero “più consistenza”, colore e calore. Esse rinviano ad una idea, che è nitida e nel contempo arricchita di percezioni visive e olfattive. Chiudendo gli occhi e andando al di là delle parole, appaiono chiari i colori e gli odori degli eventi, dei rapporti, dei legami e delle emozioni. Forse questa “recensione” apparirà un po’ strana perché mi ritrovo a parlare per immagini (chi mi conosce sa che questo fa parte del mio modo d’essere), ma quella che mi viene in mente è un fiume impetuoso che scorre e sbatte contro i suoi argini e a momenti di forte movimento seguono quelli di magica quiete. Esso (il fiume) assume un colore un po’ innaturale, di un rosso vermiglio, colore tipico solo dei tramonti delle terre del Sud, e l’aria emana un odore ferroso, di ruggine e lo riesci quasi a sentire in bocca e in alcuni tratti del romanzo da persino fastidio Il personaggio di Veleno è meraviglioso (scusate la banalità), capace di destreggiarsi tra l’Amore più profondo, quello persino idealizzato, e la perversione più marcia e cruda che considera la donna come un oggetto. Il modo di vivere l’Amore di Veleno è molto contemporaneo e allo stesso tempo tradizionale, perché in fondo l’unica cosa che può salvare Veleno dal suo imbarbarimento dei sentimenti è proprio un semplice bacio. Il legame che lega Veleno-Annalisa-Zazà (questo mi riporta alle immagini della pellicola di Truffaut in cui Jules, Jim e Cathrine trascorrevano le loro giornate sapendo di vivere una menage a trois pericolosa e allo stesso tempo “vitale”) è qualcosa di sincero, aulico ed estremamente “pulito”, in un rapporto a tre ritmato e “di vita”, pur se tutto il loro rapporto si fonda e si costruisce su una grande bugia, e la bugia ha un unico volto: Annalisa. Ma nonostante tutto, piuttosto che pensare di poter ricominciare a vivere, è meglio lasciarsi morire nell’ultimo lembo di terra possibile, nell’ultima opportunità di vita concessa: l’incipit alla morte.

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