venerdì 29 giugno 2007

MARITI E MOGLI



In Mariti e mogli siamo come sempre a Manhattan, e Manhattan è sempre vista da Allen con l'appassionato sguardo che sappiamo. Ormai non è più un paesaggio, ma è veramente un luogo del cuore. La zona scelta dei giardini visti in tardo autunno, svuotati di gente, diventano nel film un angolo purgatoriale, e i personaggi che li attraversano sono anime senza destino. Due coppie di mezza età (Sally e Jack/ Gabe e Jude) si trovano a cena e discorrono della decisione, presa da una di loro (Sally e Jack), di separarsi. A tale notizia e in seguito alle motivazione di tale decisione (stanchezza e voglia di provare qualcosa di nuovo), anche l’altra coppia incomincia ad entrare in crisi, come se la rottura di simili abbia scoperchiato il vaso che le coppie cercano di tenere nascoste a se stesse pur di resistere. Apparentemente la coppia Gabe e Judy (Allen Farrow) sembra non aver problemi, condividere gli stessi interessi, un solo piccolo screzio lei vorrebbe un figlio, lui no. Se la notizia della separazione passa in sordina per Gabe, per Judy è qualcosa di terribilmente difficile da superare. Da qui in poi è questa coppia ad entrare in crisi, resa ancora più evidente dall’interesse che entrambi i coniugi provano per altre persone: lui per una sua studentessa e lei per un collega di lavoro. Le cose, tuttavia, sono destinate a cambiare ancora, rovesciando specularmente la situazione di partenza: Sally e Jack tornano insieme, mentre proprio Gabe e Judy si dividono senza speranza di potersi reincontrare.
Woody Allen ha utilizzato nel film un susseguirsi di interviste rese a un circuito televisivo. L'intervistatore pone spesso domande ai protagonisti, i quali rispondono in proprio o agiscono, ricordano o vivono: certe volte pare che non ci sia un intervistatore a porgli domande, ma un analista, o meglio uno psichiatra. La narrazione, così, sembra subire spasimi clinici, e, insieme, di accortezze da cinefile. Un po' di Nouvelle Vogue, in quell'intervistare, in quel piazzare frontale i personaggi davanti alla camera: e anche un po' di Bergman (citazione voluta di “Scene di un Matrimonio” del regista scandinavo). Woody Allen fa conversazione con il cinema. Nelle prime immagini è strano come la macchina da presa cerchi di nascondersi dai personaggi che vuole registrare, si ha la sensazione quasi di non voler disturbare i discorsi delle coppie, di volersi confondere con l’ambientei per non essere visti. La macchina subisce parecchi sussulti e la visione non risulta molto facile.
In questa commedia di Allen si ride ancora, però a denti stretti e di un riso amaro le battute fulminanti, che non mancano, sono messe in secondo piano dall'inesorabile analisi di sentimenti e comportamenti.
VOTO: 7

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