sabato 14 luglio 2007

INLAND EMPIRE



Dell’ultimo film di David Lynch è quasi impossibile decifrarne la trama, o meglio, poiché io penso che in questo film non ci sia nemmeno uno straccio di canovaccio, preferisco non parlare di trama, ma al massimo, di una idea iniziale.
Laura Dern è una attrice che ha appena vinto una parte per un film a dir poco “maledetto”. Remake di un film iniziato nell’Europa dell’Est e mai terminato, a causa di problemi improvvisi ed imprevisti agli attori protagonisti. Da qui in poi si perde qualsiasi tipo di tessuto narrativo, le immagini iniziano a prendere piede, a susseguirsi così, senza alcun ordine logico o temporale, lasciando intravedere solo uno strascico di “storia”.
Era già successo che nei suoi film Lynch abbandonava qualsiasi filo temporale, mischiando e confondendo passato e presente in un “nuovo tempo” caratterizzato proprio dall’assenza di tempo. In questo film però tutto è portato alle estreme conseguenze. Non esiste un tempo, né oggettivo né tanto meno soggettivo, entro il quale tutto avviene. Non si può parlare né di tempo della mente, né di tempo del cuore, semplicemente è assente. Così come è assente (come ho già detto) qualsiasi tessuto narrativo, addirittura non vengo nemmeno rispettate alcune “norme” fondamentali, come ad esempio la coerenza dei personaggi. In questo film non vi è alcuna corrispondenza nei personaggi. Si prenda la protagonista femminile, appare prima docile e quasi indifesa, poi scurrile e volgare, poi aggressiva e pericolosa. Questo mostra le innumerevoli vite di ogni uomo, le infinite sfaccettature e da al film un senso di avvolgimento su sè stesso in cui continua ad aprire spazi per nuovi mondi senza riuscire completamente a chiudere quelle precedentemente aperti. Probabilmente rientra tutto in un progetto del regista, ma io penso: un film è inevitabilmente un prodotto che il pubblico consuma. Un film, qualsiasi esso sia, è un’esperienza che chi guarda compie con il film stesso. In un film come questo tale esperienza è praticamente impossibile. Il film ha una vita propria in cui vive e si evolve, ma che non permette a chi lo guarda di avere un dialogo con esso. Come si fa a creare un dialogo con qualcuno che fa di tutto per non farsi capire? Sarebbe un’esperienza metafisica.
Vedendo questo film ho provato proprio questa ostinazione nel non dialogo tra regista-spettatore. Già nei film passati Lynch non spiega (evoca); ma qui ha toccato livelli assurdi poiché non solo non spiega, non racconta neppure. Più che una esperienza per lo spettatore a me sembra un esperimento per il regista e per l’attrice (che tra l’altro è pure co produttrice del film), e quindi non si dovrebbero confondere le acque. Non bisogna lasciarsi andare alla frase ormai usurata del “subire il film”. Io penso che un film è un capolavoro nel momento in cui riesce a dialogare con chi lo sta guardando, quando riesce a creare un ponte, un contatto tra l’occhio di chi l’ha diretto e quello di chi lo sta guardando. Qui si perde tutta quella tensione che aveva caratterizzato Mullholland drive o Strade perdute. Il film è privo di tensione, ritmo. Bisogna però dare atto delle sublimi immagini di cui è composto il film. Questo sembra proprio una summa di tutta la poetica di Lynch, non solo riprende facce, ma anche luoghi, colori (ad es. il blu di Velluto blu, il verde di strade perdute, Il rosso arancione di Mullholland drive) musiche e atmosfere; ovviamente riprende le sue tematiche più care, partendo dal doppio, all'analisi della provincia americana, l'esistenza di più mondi l'uno dentro l'altro. Ma nonostante la magnificenza di queste immagini io ho trovato gli stacchi tra un fotogramma e l’altro molto singhiozzanti, per nulla fluidi. In questo film non ci sono solo stacchi registici e narrativi, ma anche di fotografia. Tutto ciò ha reso il film troppo denso, troppo lento. Troppo.
Questo film per me segna un passo indietro di un regista che a me piace tanto, proprio per la sua capacità di coinvolgere passato e presente, realtà e finzione, in un mondo nuovo, che per quanto inisistente e magico, poteva ancora essere compreso e "vissuto" da chi lo guardava; e non soltanto "subito" come avviene in questo film.

12 commenti:

FiliÞþØ ha detto...

già postato?...io ho deciso di riguardarmelo un'altra volta da solo prima di scrivere qualcosa...per quanto riguarda quello che hai scritto, ne avevamo già parlato ieri...il migliore per me continua a rimanere Velluto Blu...questo non lo considero un film, forse andrebbe inserito direttamente nella cerchia delle primissime opere del regista, dove il suo intento era quello di creare opere d'arte in movimento ("la sola ragione che mi ha spinto a fare cinema è stata quella di vedere muoversi i miei dipinti")...una seconda visione (solitaria), mi aiuterà a capire se è vero che si tratta di un film emozionale (o sensariale), o se, non è altro che un indecifrabile e muto esercizio di "stile"...una summa del pensiero Lynchiano, tanto affascinante (per noi) quanto liberatorio (per lui)...

rovistata ha detto...

ho postato perchè avevo proprio voglia e desiderio di scrivere quello che pensavo su sto film...anche per me è stata una liberazione..io parto dal presupposto che un film debba creare una connessione tra chi lo guarda e cio che sta andando in scena, se così non è, o perchè è un cinema troppo alto o perchè assolutamente incomprensibile, be allora per me quel film è un flop, o meglio a me non piace.
tu sai quanto mi piace lynch, ma sta volta io non posso che criticare questo film, troppo solipsistico e autopoietico, fatto per se stesso, da poter essere mandato nelle sale cinematografiche.

Anonimo ha detto...

Un film lento, noioso, narcisistico...fà del fatto di non avere limiti la sua qualità, anzi, x usare le parole di alcuni critici, la sua grandezza. E invece il suo limite è proprio quello di nn avere limiti: un film che non è capace di dialogo nn è un film, è una sega mentale, è masturbazione del regista...sicuramente non è un film, sicuramente è un'esperienza, ma di certo nn è "grande" e di sicuro nn merita elogi di nessun tipo solo perchè ha il merito/demerito di essere una cosa a sè. In definitiva è Lynch, prendere o lasciare, giusto? Per me, dopo Inland Empire, lasciare...

Cmq concordo con te, milè! E indipendentemente dal giudizio è una bella recensione!

Edoardo

rovistata ha detto...

grazie scemo..mi fai emozionare..

Anonimo ha detto...

Io questo non l'ho ancora visto... e non so se ho il coraggio. Ho sentito pareri piuttosto discordanti.

rovistata ha detto...

ma sono 3 ore di puro misticismo...io non ripeterei l'esperienza trascendentale (intesa alla kant-maniera)

Anonimo ha detto...

Per me Inland Empire è stato il primo contatto con Lynch, ma mi sto organizzando per recuperare alla grande. Non so come fossero gli altri. Comunque mi è piaciuto per le sensazioni che mi ha lasciato addosso. Angoscia, smarrimento, inquietudine.
Se ti va passa da me!
Ciao!

rovistata ha detto...

trinity: sono passata dal tuo blo9g, è molto carino. ti ho lasciato un post su inland empire, ho letto la tua recensione..ci vedremo altre volte..

Anonimo ha detto...

Ciao, ieri ho visto Mulholland drive...
ho visto che è tra i tuoi film preferiti, ho cercato la rece e non l'ho trovata..
magari segnalami l'indirizzo del post che vado a leggere..
ciao!

rovistata ha detto...

il post di mullholland non l'ho scritta ancora...è un film cosi tanto personale che mi risulta difficile cercare di essere non di parte, obittiva..ma cercherò di scriverla..
ti è piaciuto il film?

Anonimo ha detto...

Il film mi è piaciuto molto
a questo punto però INLAND EMPIRE mi sembra la conseguenza logica di un certo percorso, non un passo indietro..
Comunque devo ancora esplorare il mondo di Lynch a fondo, questa è solo un'impressione a caldo!

rovistata ha detto...

ma io non direi..vabbe io sono rimasta delusa dall'ultimo lynch. ha fatto un film solo e soltanto per lui stesso..incomprensibili, ma peggio ancora inpenetrabile per tutto il pubblico che lo apprezza...