Tre ragazzi purtroppo orfani, con delle doti magiche e un ricco patrimonio, vengono affidati ad uno zio avaro e prepotente. la figlia grande "l'inventrice", il secondo "il lettore fervido" e la terza "la roditrice". Riusciranno a scoprire che la morte dei genitori e degli altri tutori non è un caso, e che dietro a questa serie di sfortunati equivici c'è una persona. Un film uscito per Natale che vede eccellere su tutti la figura di Jim Carrey (anche se splendida è il personaggio interpretato da Maryl Streep). Il film si svolge in 4 episodi che sembrano ricalcare i tempi e i modi della fiaba. In una città indefinita, in un tempo vago, 3 bambini (protagonisti) sono vittima di uno zio (antagonista) che cercherà di portar via il loro patrimonio. Ad arricchire questa lineare storia le peripezie, talvolta macchinose, dei ragazzi con continui allontanamenti, infrazioni e lotte contro l'antagonista per poi, solo alla fine, giungere al riconoscimento degli eroi e conseguente punizione dell'antagonista. Da contorno ovviamente gli aiutanti a volte goffi a volte ritardati di entrambo i personaggi (antagonista vs protagonisti). Il film non è particolarmente riuscito, esso è sì simpatico ma solo grazie alla verve e alla bravura di un ottimo Jim Carrey che anima la pellicola. Grande pecca, che neppure il grande attore, così come Meryl Streep, riesce a risolvere è l'inesorabile assenza di ritmo. Voto: 6
domenica 25 gennaio 2009
sabato 24 gennaio 2009
UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO
Blanche Debois, una donna con qualche anno in più, nelle strade fumose di una fervida New Orleans che cerca disperatamente la casa della sorella Stella, dalla quale andrà a vivere per qualche tempo. L’arrivo della sorella maggiore porterà scompiglio nella coppia Stella - Stanley, un ruvido e iracondo giovane di origini polacche, dal quale aspetta un figlio.
Tra Blanche e Stanley non c’è feeling, lei accusa lui di essere rozzo e non adatto alla sorella, lui rivendica il Codice Napoleonico e perciò l’eredità della moglie (eredità sfumata da Blanche e dalla sua ricerca di lusso sfrenato) che porterà ad un tragico epilogo. Tratto da un dramma in undici scene di Tennessee Williams (messo in scena dallo stesso E. Kazan nel 1947 con gli stessi interpreti principali e Jessica Tandy nella parte di Blanche il film di Kazan è un must del cinema americano.
Il personaggio di Vivian Leigh è costruito alla perfezione, una lucidità incostante segnata dai tragici eventi della sua vita e dalla morte prematura del marito che l’hanno minata dalla base, quello di Stanley che sembra essere cucito su un fantastico Marlon Brando che su ogni centimetro di corpo, abbondantemente scoperto e utilizzato per l’epoca, trasuda mascolinità e ruvidezza. Al centro della pellicola la psicologia dei personaggi, opposti che d’istinto si scontrano e si feriscono nel profondo.
Tutto il film offre spunti di riflessioni interessanti, ma ciò che preferisco è il dialogo finale tra una Blanche distrutta e l’uomo che la condurrà in una casa di cura.
So di mentire spesso: dopotutto il fascino femminile è per metà illusione.
La sincerità è soltanto di coloro che hanno conosciuto il dolore.
Le piacciono i lunghi pomeriggi piovosi di New Orleans?Quando un'ora non è un'ora, ma un frammento d'eternità caduto tra le nostre mani..e non si sa che farsene..
E infine, una su tutte
Chiunque voi siate, ho sempre confidato nella gentilezza degli estranei…
Ovviamente questo film ha ispirato molta della cinematografia attuale, si pensi a “Tutto su mia madre” una citazione esplicita del film di Kazan, ma anche Closer di M. Nichols cita il regista americano proprio nell’elogio allo sconosciuto.
Tra Blanche e Stanley non c’è feeling, lei accusa lui di essere rozzo e non adatto alla sorella, lui rivendica il Codice Napoleonico e perciò l’eredità della moglie (eredità sfumata da Blanche e dalla sua ricerca di lusso sfrenato) che porterà ad un tragico epilogo. Tratto da un dramma in undici scene di Tennessee Williams (messo in scena dallo stesso E. Kazan nel 1947 con gli stessi interpreti principali e Jessica Tandy nella parte di Blanche il film di Kazan è un must del cinema americano.
Il personaggio di Vivian Leigh è costruito alla perfezione, una lucidità incostante segnata dai tragici eventi della sua vita e dalla morte prematura del marito che l’hanno minata dalla base, quello di Stanley che sembra essere cucito su un fantastico Marlon Brando che su ogni centimetro di corpo, abbondantemente scoperto e utilizzato per l’epoca, trasuda mascolinità e ruvidezza. Al centro della pellicola la psicologia dei personaggi, opposti che d’istinto si scontrano e si feriscono nel profondo.
Tutto il film offre spunti di riflessioni interessanti, ma ciò che preferisco è il dialogo finale tra una Blanche distrutta e l’uomo che la condurrà in una casa di cura.
So di mentire spesso: dopotutto il fascino femminile è per metà illusione.
La sincerità è soltanto di coloro che hanno conosciuto il dolore.
Le piacciono i lunghi pomeriggi piovosi di New Orleans?Quando un'ora non è un'ora, ma un frammento d'eternità caduto tra le nostre mani..e non si sa che farsene..
E infine, una su tutte
Chiunque voi siate, ho sempre confidato nella gentilezza degli estranei…
Ovviamente questo film ha ispirato molta della cinematografia attuale, si pensi a “Tutto su mia madre” una citazione esplicita del film di Kazan, ma anche Closer di M. Nichols cita il regista americano proprio nell’elogio allo sconosciuto.
VOTO: 10
sabato 17 gennaio 2009
VOLVER
Tre generazioni di donne si riappropriano del passato sopravvivendo alla follia della vita.
Raimunda (una splendida Penelope Cruz) si allontana dalla provincia della Mancha e va a vivere a Madrid con sua piglia Paula e il compagno Paco. La lussuria di Paco sarà causa del suo omicidio per mano della figliastra Paula. Contemporaneamente a tale episodio la morte improvvisa della zia riporterà Raimunda e sua sorella Sole nella città natale. Da qui in poi nulla sarà come prima, le due sorelle si scontreranno con il proprio passato e con una figura misteriosa che non può fare a meno di tornare (in questo senso il titolo Volver che significa proprio Tornare) per sistemare gli errori commessi “in vita”.
Una storia con donne e di donne. Ancora una volta è il mondo femminile protagonista di Almodovar che costruisce questa storia come fosse una scatola cinese, una matriosca da scartare e continuare a scartare, fino ad arrivare al suo nocciolo e perciò alla sua risoluzione.
La profonda conoscenza del regista del cinema, e soprattutto di quello classico, dei noir classici, appare qui evidente. Questo non può che rendere la pellicola estremamente pregevole e piacevole.
La classicità del genere condito dalla attualità e vitalità del grande regista madrileno che da sempre ha coniugato la perfezione di genere e di stile con la vitalità e freschezza del linguaggio on the road.
Raimunda (una splendida Penelope Cruz) si allontana dalla provincia della Mancha e va a vivere a Madrid con sua piglia Paula e il compagno Paco. La lussuria di Paco sarà causa del suo omicidio per mano della figliastra Paula. Contemporaneamente a tale episodio la morte improvvisa della zia riporterà Raimunda e sua sorella Sole nella città natale. Da qui in poi nulla sarà come prima, le due sorelle si scontreranno con il proprio passato e con una figura misteriosa che non può fare a meno di tornare (in questo senso il titolo Volver che significa proprio Tornare) per sistemare gli errori commessi “in vita”.
Una storia con donne e di donne. Ancora una volta è il mondo femminile protagonista di Almodovar che costruisce questa storia come fosse una scatola cinese, una matriosca da scartare e continuare a scartare, fino ad arrivare al suo nocciolo e perciò alla sua risoluzione.
La profonda conoscenza del regista del cinema, e soprattutto di quello classico, dei noir classici, appare qui evidente. Questo non può che rendere la pellicola estremamente pregevole e piacevole.
La classicità del genere condito dalla attualità e vitalità del grande regista madrileno che da sempre ha coniugato la perfezione di genere e di stile con la vitalità e freschezza del linguaggio on the road.
Voto: 8
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